All’alba di questo pezzo corre l’obbligo di scusarmi con chi ha ascoltato la mia radiocronaca: quando Noce e soci, i direttori di gara, non hanno sanzionato una passeggiata di Palermo, palla in mano, mentre la sfera gli carambolava fra le mani protese dietro la schiena, sancendo invece due liberi a favore del play scaligero, sono esploso: non sopporto l’ignoranza di chi deve dirigere le cose. Leggo che qualcuno a Verona definisce scandaloso l’arbitraggio nel finale. Gli rispondo meno male: otto liberi (cinque realizzati) concessi loro nell’overtime, figuriamoci fossero stati a favore degli ospiti.

La verità è che certe gare meriterebbero una direzione più qualificata. Siccome rifuggo ogni pensiero complottista, invoco a loro difesa l’attenuante della serata storta. Propenderei però per la modestia tecnica, purtroppo. Amen. E comunque cercherò di accendermi di meno, prossima volta.

E comunque complimenti a Verona: eravamo stati facili profeti quando sostenevamo, solo ieri, che la squadra di Dalmonte gioca quaranta minuti e se serve anche 45’; che anche sotto di venti non demorde, lottando fino in fondo.

L’innesto di Mitchell Poletti ha innerbato l’area pitturata: oggi però il centro milanese, autore di una bellissima prova (e due incredibili tiri pesanti) ha esagerato, protestando di continuo e meritandosi il tecnico esiziale a pochi secondi dalla fine su un fallo piuttosto netto commesso. Poco elegante anche il suo coach, che pareva urlare a Veideman in lunetta: reo (?), l’estone di aver esagerato il contatto quando invece era stato il suo lungo ad abbattere Rain a metà campo. Resta un bravo allenatore, cambia nulla.

Allenatore che deve essere orgoglioso dei suoi: non hanno mollato un centimetro, rimontando punto su punto con qualche conclusione baciata dalla fortuna ed altre favorite da errori difensivi udinesi.

Udine: sul 38-19 ancora una volta ha pensato che la pratica fosse chiusa. Come contro Ravenna, come contro Jesi; invece la gara doveva ancora parlare di ventidue lunghissimi e durissimi minuti. E puntuali arrivano un paio di parziali, uno a cavallo di secondo e terzo quarto (ma la GSA non paga dazio più di tanto) e quello del pareggio finale, firmato da Poletti dalla lunetta, quando poi Greene (a corrente alternata la sua prestazione, come quella di Jones) ha avuto, sbagliandola, la palla del match.

Sarebbe stato obiettivamente troppo: perché alla fine Udine si è meritata la vittoria.

Vince, Udine, perché determinano le sue grandi firme: da un Dykes non in grande spolvero poiché fisicamente debilitato, ma cinque punti pesantissimi nel finale; ad un Pellegrino che fa, molto, e disfa altrettanto con un paio di falli evitabili nel primo tempo ed un’autointerferenza su una propria schiacciata sbagliata: dal possibile +8 si passa, con un libero di Udom ed una tripla di Greene nell’azione successiva, al +2 che riapre definitivamente la gara. Da un Rain che sta rientrando nei panni del giustiziere visto a cavallo della scorsa e di questa stagione (21 punti per lui ma un paio di scelte sbagliate in penetrazione e scarico) ad un Bush che sta cercando di dare fisicità, aggressività e faccia cattiva alla squadra: un paio di triple (saranno 4/7 alla fine) da distanza siderale portano la gara dalla nostra parte. Sedici punti e l’impressione che sia un inserimento decisivo in ottica playoff.

Diop è ancora generoso (13 rimbalzi conquistati, nessuno come lui) ma impreciso (2/8 dal campo): ha il merito della tripla che all’overtime spacca la gara. Discreto l’apporto di Mortellaro e Ferrari, Raspino ottimo ma penalizzato in difesa e spesso poco concreto in avanti.

Oggi debbo poi ammettere che qualche scelta di Lardo mi ha lasciato perplesso: ma alla fine il coach conosce le condizioni dei giocatori meglio di me, ed alla fine la mia opinione non vale granché.

Rimane, purtroppo, un trait d’union fatto di momenti di scarico mentale, che partono dalla scorsa stagione e si consolidano in questa: è il lavoro, con tanto, tanto, tanto mental coaching l’unico rimedio per correggere quest’aspetto, che rischia talvolta di compromettere partite condotte in lungo ed in largo con autorità. Nel dettaglio Verona, che fino ad oggi aveva la peggiore media dalla lunga distanza del girone (o quasi), ha tirato col 37% totale quando dopo il primo tempo era attorno al 13%. Si è lasciato spazio a Greene, Poletti, Udom (meno): è vero, lo ripeto, che alcune conclusioni erano decisamente da la va o la spacca, ma dobbiamo evitare di farci sorprendere, come accade spesso, nei ribaltamenti di lato, specie nelle zone rosse d’angolo.

Detto ciò, la GSA ha 28 punti, terza in coabitazione con Treviso e Montegranaro; restano quattro i punti di vantaggio sulla nona, tenendo conto del vantaggio su Mantova e Ferrara nella differenza canestri; davanti Bologna gioca domani, e parte da 4 lunghezze di vantaggio; Trieste, anch’essa a 32 punti, patisce il calo di forma generale iniziato dal derby perso a Udine; non aiuta l’assenza di Green, cui le rotazioni vorticose di Dalmasson non riesce a porre rimedio. Probabilmente i playoff sono proprio a 32, forse 34 punti mentre le prime quattro posizioni fra 38 e 40 punti. Adesso si va a Jesi (il 28 febbraio) prima della sosta per le F8 di Coppa, contro una formazione in salute ma, l’abbiamo vista all’andata, non imbattibile.

Stasera è andata bene. Ai ragazzi dico che due gare vinte all’overtime dopo esser stati sopra di quasi 20 punti le abbiamo viste: adesso possono tranquillamente vincerle più comodamente.

Sezione: Primo Piano / Data: Lun 19 febbraio 2018 alle 10:44
Autore: Franco Canciani
vedi letture
Print