Amo la mia gente, quella che porta nel cuore i colori bianconeri, quelli di una maglia storica, l'Udinese, e di una città, Udine. Amo la mia curva nord, anima e traino del nostro Stadio Friuli, capace di coinvolgere il resto dei tifosi fino al novantesimo minuto e oltre, nonostante una squadra e una società disastrosa che ha rischiato fino all'ultima giornata di campionato di retrocedere nella serie cadetta. Un rischio evitato grazie alle due ultime vittorie con Verona e Bologna, grazie ai gol di Barak e Fofana ma che non hanno evitato la contestazione nemmeno dopo il fischio finale contro i felsinei, nemmeno dopo la tanto sospirata e sofferta salvezza. Giocatori, allenatore e tutto lo staff bianconero hanno festeggiato in mezzo al campo, intuendo probabilmente che sotto la curva nessuno li voleva o li avrebbe chiamati e chi ha provato ad avvicinarsi ugualmente per lanciare la maglia, come Fofana e De Paul, sono stati sonoramente fischiati. Come non sono stati risparmiati nemmeno i cori contro Gino Pozzo. Giustamente!

Amo la mia gente, perché è come me, e quando si stufa o si sente presa in giro non ci sta. La frattura c'è, è evidente e continuerà ad esserci fino a quando non verrà fatta una vera e propria rivoluzione all'interno della squadra e della dirigenza bianconera.

Cinque anni di tormenti, delusioni e paure di retrocedere sono troppi per chiunque, il malumore e la voglia di non rinnovare la fiducia a Pozzo per il prossimo campionato è molto forte.

Siamo tutti felici della permanenza in serie A perché noi come tifosi ce la siamo meritata, ma adesso vogliamo e pretendiamo di più.

Finalmente è finita anche questa stagione, possiamo tirare un sospiro di sollievo, possiamo anche ringraziare Tudor che il suo lo ha fatto, ora però, via tutti... o quasi. Attorno a quel numero 15 costruiamo una squadra come si deve.

 

 

Sezione: Primo Piano / Data: Lun 21 maggio 2018 alle 14:22
Autore: Paolo Minotti
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