Un grande ex dell'Udinese, Antonio Floro Flores, è stato ospite lunedì sera a Udinese Tonight su TV12 per parlare della sua storia in bianconero e del momento di forma della squadra, reduce dal pari per 1-1 al Dall'Ara. L'ex attaccante ha esordito ricordando il suo passato a Carlino, dove dopo qualche allenamento da giocatore era stato vicino a diventare il tecnico degli orange: "Avevo chiesto la possibilità di venire ad allenare ed imparare. Sono stato accolto bene dai ragazzi, mi ero trovato bene e a sapere come sarebbe andata l'esperienza alla Casertana avrei firmato per restare".
Poi i ricordi dell'esperienza ben più memorabile all'Udinese: "Quando sono arrivato Felipe (in studio, ndr) era il capitano e mi ha indicato un po' la strada per conoscere l'ambiente. Sono stati anni bellissimi, di cui ancora oggi si parla e credo sia una delle cose più belle. Si vive anche per questo, per i ricordi e per le soddisfazioni che ci siamo presi. Per me era tutto nuovo, la Serie A era un punto di arrivo e a Udine per me sono state annate fantastiche. La maglia della vittoria a Dortmund è l'unica che mi è rimasta, dopo il furto in casa. Quando ripenso a Udine però non penso a questo: sento di averci lasciato una parte di me, di aver vissuto veramente tanti momenti bellissimi e di aver ricevuto il rispetto dei tifosi anche negli anni seguenti. Per me questo è motivo di vanto e di orgoglio, nella vita queste situazioni rimangono, ti segnano e ti aiutano a crescere. Tanto me quanto i miei figli, che sono cresciuti proprio a Udine, hanno l'accento friulano. Io sarò sempre grato".
Anche per questo guardare la classifica è un forte dolore: "Fa male vedere la squadra lì. L'Udinese è un pezzo della storia del calcio italiano, negli ultimi 30 anni ha lanciato veramente tanti giocatori che hanno calcato palcoscenici importanti. Il lavoro che si faceva prima era straordinario, mi spiace che negli ultimi anni si stiano vivendo delle difficoltà, io credo che i Pozzo siano una grande famiglia e sicuramente, qualsiasi cosa accada, risolleveranno le sorti della società. La amano, specialmente 'il Vecchio' che farà di tutto per salvarla. Credo che però alla base siano stati fatti tanti errori, bisogna cambiare qualcosa perché sono da anni che la situazione è questa e significa che qualcosa non funziona più. Scusatemi se lo ribadisco, ma sono anni che rischia di fare questo tipo di campionati, qualche dinamica dall'interno non va più. Credo che Gino Pozzo questo lo sappia bene ed è in grado di uscirne a testa alta. Sa quali sono le cose giuste e sbagliate".
Il clima al suo arrivo era ben diverso, permettendo anche ai giovani di brillare: "L'Udinese arrivava da stagioni straordinarie con Spalletti, c'era un modo di lavorare che andava nel verso giusto e dava la forza alla società di inserire giovani importanti, come è successo quando sono arrivato io o quando è arrivato Sanchez. Ora inserire un giovane è rischioso, si rischia di rovinare una carriera perché lo si rende partecipe della situazione".
Una questione nata da scelte sbagliate, ma anche da attaccamento alla maglia diverso: "Io ricordo che Leonardi, che per me era un grandissimo direttore, ci disse che questa squadra non era un punto di partenza, un trampolino di lancio. Prima di far amare il nome dietro le spalle bisognava pensare a ciò che stava davanti, solo così si può rendere omaggio a una città straordinaria. Io ricordo che la gente non ha mai chiesto più del sudare la maglia e dare tutto ciò che avevamo, ricordo pochissime contestazioni. Quando invece non si ama la maglia e si arriva all'Udinese pensando già di andarsene dopo uno/due anni succede questo".
Ha poi raccontato di aver sentito Paolo Cannavaro, dopo aver saputo del suo approdo sulla panchina dei friulani assieme al fratello Fabio: "Mi sono sentito con Paolo che mi ha chiesto dei consigli, l'ho visto convinto. Mi ha detto che arrivava per fare 5 giornate di full immersion in cui dare tutto. L'ho sentito carico, io gli ho detto cosa aspettarsi all'arrivo in una città, all'estremo nord, che per certi versi può spaventare. Io il primo anno in questo senso ho fatto fatica, però gli ho detto che se le cose vanno bene è una città di cui ti innamori, in cui vivi sereno, ti lasciano lavorare e trovi una società che offre strutture e qualità pari a poche altre in Italia. L'unica raccomandazione è di fare una grande salvezza, per diventare gli idoli di questa città. Hanno tutte le qualità per fare bene, li conosco e ci esco ancora insieme: per quello che hanno fatto nella vita sono umili, all'avanguardia. E' una grande opportunità per persone che se lo sono meritate nel corso della vita".
Infine una parentesi sulla sua carriera da allenatore e su come le cose sono cambiate, in questa seconda vita: "Mi sto togliendo qualche soddisfazione con gli allievi nazionali del Giugliano, quest'anno è partito il progetto nuovo e abbiamo portato già dei ragazzi del 2007 in prima squadra. Vedo spesso Valerio (Bertotto), lo stimo molto e mi piace come gioca. Anche lui è uno che si è guadagnato il posto a cui è arrivato. Sono andato via da Udine per mettermi in gioco, non per motivi economici. Non mi mancava nulla, avevo appena costruito casa, ma volevo giocare e la passione per il calcio mi ha fatto prendere questa decisione. A quest'età non avrei fatto lo stesso, ma ovviamente con gli anni si matura. Tutto ciò che non ho fatto da giocatore lo farò da allenatore. Voglio trasmettere ai ragazzi la sensazione che questo treno passa una volta sola. O lo prendi e ti fai un bel viaggio di 20 anni, oppure ti fai male. Cercherò di non far commettere ai miei ragazzi i miei errori".
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